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Con la valigia
in mano

I corridoi umanitari, un’esperienza di umanità

Integrazione

ITALIA
NAZIONALE

“Crisi”, “esodo”, addirittura “invasione”. Le migrazioni contemporanee vengono costantemente raccontate attraverso il lessico dell’emergenza, come se per chi è costretto a lasciare la propria casa a causa di guerre e persecuzioni non ci sia alcuna possibilità di trovare o creare, alla fine del proprio viaggio, spazi di normalità e umanità.
In questa storia c’è una data chiave: il 3 ottobre 2013 un’imbarcazione partita dalla Libia che trasportava oltre 500 persone naufraga a poche miglia dal porto di Lampedusa. I 368 morti di quel giorno segnano per alcuni un punto di non ritorno.

È in quel momento che la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia decide di cercare una strada diversa, per salvare vite umane e creare una nuova narrativa, capace di restituire ai migranti la loro dimensione di persone, prima ancora che di numeri.

A distanza di poco meno di tre anni, nel febbraio del 2016, all’aeroporto di Roma Fiumicino arrivano i primi siriani portati in Italia grazie ai corridoi umanitari costituiti dalla Fcei insieme alla Comunità di Sant’Egidio e finanziati dall’Otto per mille valdese. Arrivano con la famiglia, portando con sé una valigia e un carico di speranza proprio di chi ha la possibilità di viaggiare in sicurezza.

Da allora, i corridoi umanitari hanno portato in Italia oltre 800 persone provenienti dalla Siria e sono un dito puntato, non per accusare le mancanze di qualcuno, ma per indicare una strada, un esempio replicabile perché il viaggio non sia più un’incognita, ma un punto di partenza.

Nella parabola del granello di senape si racconta di come il più piccolo dei semi cresca fino a diventare un albero capace di dare protezione agli animali. Allo stesso modo questo progetto, con i suoi piccoli numeri, è il seme di una grande sfida, quella per non avere mai più stragi in mare.

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